lunedì 23 marzo 2009

New media e ambiente di apprendimento

“… da vent’anni, sotto i nostri occhi, il mondo s’è trasformato: la pratica corrente della corrispondenza e del telefono, l’impiego universale della bicicletta, dell’automobile, del treno, del cinema e della radio, cambiano radicalmente, nostro malgrado, la formazione e il comportamento dei nostri fanciulli. Basta guardare durante l’estate, quest’esodo della popolazione verso i mari o le montagne, quelle migliaia di tende, quelle file ininterrotte di biciclette, motociclette, automobili, camions, per rendersi conto che qualche cosa di profondo è cambiato nella vita della nostra società. La scuola non può più essere oggi quella di ieri: non può formare il piccolo contadino rimanendo nel ristretto del suo ambiente come formava tempo fa i campagnoli confinati nel piccolo villaggio”
(C. Freinet, Vence, ottobre 1949)

Quando si parla di media o mezzi di comunicazione si è sempre costretti a fare molte distinzioni; le parole che li designano, infatti, sono tutte molto ambigue. Fra le tante distinzioni possibili quando si parla di media, ne prendo una, si tratta della distinzione fra media intesi come tecnologie e media intesi come forme di comunicazione, cioè come insiemi di regole, convenzioni e forme organizzative (culturalmente, socialmente e storicamente determinate) che le persone seguono quando comunicano usando le tecnologie. Nessuno dei media contemporanei corrisponde una sola forma di comunicazione, ma tutti, vecchi e nuovi, ne permettono una molteplicità, con regole anche molto diverse.

L’informatica ha moltiplicato a dismisura le forme di comunicazione che ciascuna tecnologia permette di realizzare.

Se la comunicazione è alla base dello sviluppo culturale (che è ciò che ci rende propriamente uomini) le strutture socialmente istituite per comunicare non possono che essere viste come gli strumenti portanti di tale sviluppo.

«Il paradigma della conoscenza di oggetti deve essere sostituito dal paradigma dell'intesa comunicativa tra soggetti capaci di parlare e di agire» J. Habermas.
L'introduzione delle tecnologie multimediali, l’utilizzo progettato di strumenti audiovisivi e l'uso del computer nella didattica non possono essere ridotti a sterile fruizione audiovisiva o puro tecnicismo o a semplice alfabetizzazione informatica, staccata dagli aspetti formativi. Va recuperata, invece, la dimensione qualitativa, che vuol dire:
• attenzione alle logiche;
• possesso dei “linguaggi“;
• riflessione sugli aspetti cognitivi e relazionali;
• valenza formativa;
• padronanza delle tecniche ed “uso qualitativo“.

L'acquisizione dei linguaggi multimediali deve servire a “mediare“ un diverso rapporto con se stessi, la realtà esterna e gli altri e per poter meglio agire nel “mondo della vita“. Più che accontentarsi di una generica e preliminare didattica multimediale, si dovrà pensare ad esplorare la multimedialità nei suoi contenuti formativi e a connetterla:
o ad una didattica sperimentale, razionalmente impiantata
o all'apprendimento significativo ed autodiretto da parte dell'allievo

Dall'esperienza personale.
Nel mio secondo anno di insegnamento, dopo il fatidico anno di prova, arrivai in una scuola di provincia, l’assegnazione delle sedi avvenne con ritardo, presi servizio nel mese di ottobre, quando le lezioni erano già cominciate. Il dirigente scolastico usava accogliere i nuovi arrivati personalmente. Dopo avermi illustrato brevemente il P.O.F. e dopo avermi parlato dell’organizzazione della scuola, mi invitò a familiarizzare con l’ambiente proponendomi di andare a visitare il laboratorio tecnologico e la sala audiovisivi, prima di congedarmi mi sottolineò che avevano investito molto nelle nuove tecnologie e che le Tic erano integrate nella didattica quotidiana.

Uscii dalla stanza e mi avviai nel laboratorio informatico, la scena che mi si presentò fu questa:
un professore che spiega dalla cattedra, una cattedra diversa dal solito solo perché c’è un computer Osservando i ragazzi si vedevano gli stessi atteggiamenti che hanno durante le lezioni barbose: distratti (i computer sono messi in fila come in classe, quindi il prof non vede gli schermi), passivi, sulla soglia della catalessi. Era proprio il caso di quei laboratori in cui i professori hanno fatto installare un programma che controlla le postazioni degli allievi, bloccati a vedere la stessa immagine che c’è sul computer del professore. Ed allora eccoli lì: una ventina di sguardi inebetiti dalla stessa immagine riprodotta su tutti i monitor, ed intanto il professore si barcamena tra il ruolo di docente e quello del regista che deve comandare levette e pulsantini virtuali su un pannello di controllo che nemmeno un tecnico del suono professionista accetterebbe come strumento di lavoro.

La prima cosa che pensai fu: “ altro che integrazione delle TIC”.

Nella sala audiovisivi la situazione non era affatto diversa o meglio lo era nel senso che il docente era di fuori a parlare con un collega e i ragazzi dentro a guardare un film senza nessun interesse.
Ebbene questa situazione non era un’eccezione, per la maggior parte delle scuole italiane essere riusciti a costruire una pseudo aula-multimediale significava aver integrato le TIC nella didattica, così come per tanto tempo guardare di tanto in tanto un film significava fare cinema a scuola.

Purtroppo per molti anni i docenti si sono avvicinati alle nuove tecnologie con paura e scetticismo e spesso si sono preoccupati più dell’aspetto tecnologico (far funzionare l’hardware ed il software, realizzare un prodotto, attenzione a non perdere il lavoro fatto, tenere tutto in ordine, condividere elaborati, rispettare regole) che può anche avere risvolti didattici, ma che spesso finisce per giustificarsi in sé stesso piuttosto che per gli apprendimenti che si realizzano.

Qualche anno più tardi
Uso positivo dei Media
Quando la tecnologia e la multimedialità sono una questione di approccio alla conoscenza.

Succede di rado, ma succede che l’aula informatica diviene il luogo dell’apprendere, del piacere di apprendere. È un’alchimia strana, fatta di rigore e creatività, di fatica e soddisfazione, di gruppo e individualità. Sembrerebbero termini contraddittori, eppure se pensate alle maggiori soddisfazioni della vostra vita vedrete che spesso contemplano elementi apparentemente contraddittori.
Inizio anno scolastico, commissione per l’elaborazione di un progetto d’Istituto.

Il tema: La storia di Nocera Terinese.

Mi incuriosiva molto ricostruire la storia di questo paese, per molti anni, ancora oggi la questione non è stata risolta, si è ipotizzato che Nocera fosse nata sulle rovine di un’antica città della Magna Grecia. Poi c’era il fascino e la curiosità per il famoso rito della settimana Santa, quel rito cruento dei “vattienti” che si flagellano il corpo accompagnando la processione della Madonna. Decisi che avrei lavorato con i miei alunni e che avrei utilizzato l’aula multimediale come luogo dove realizzare il progetto. Mi fu anche affidato il coordinamento informatico del progetto.

La situazione che mi sono trovato ad osservare e vivere è quella di alunni ed insegnanti che in laboratorio si muovono – sì, proprio nel senso fisico – tra un computer e l’altro, con alcuni che discutono attorno ad una macchina, mentre altri sono chini sulla tastiera a digitare qualcosa e un compagno detta e segue sul video l’editing in corso, in un’altra postazione due discutono su qualcosa indicando col dito sul monitor. Nell’aula (sì, io questo non lo chiamo più "laboratorio", ma aula, che poi sia informatica o multimediale poco importa) c’è una grande lavagna interattiva a muro, tanti cartelloni appesi, con appunti, grafici, scritte cubitali. Qualcuno è attorno alla stampante che attende impaziente di vedere uscire un foglio da appiccicare su qualche cartellone in un posto preciso che conosce benissimo, senza bisogno della guida di noi docenti. Altri stanno digitalizzando vecchie foto e filmati per realizzare, attraverso un semplice montaggio, un piccolo film documento.

Ho provato spesso durante l’anno a contare quanti erano passivi, quanti non partecipavano, curiosavo tra i computer, quelli col monitor nascosto, e cercavo disperatamente qualcuno che giocava a solitario o navigava su internet a cercare l’ultimo kit per truccare il motorino. No niente di tutto questo. Ecco credo che quel anno abbiamo realizzato un ambiente di apprendimento positivo con l’ausilio delle tecnologie multimediali.

Oggi più che mai, con il web 2.0 e tutto ciò che esso significa, è necessario un salto di sistema.
Ecco una breve tassonomia dei possibili usi positivi dei Media in classe
• mettere disposizione degli alunni più mezzi espressivi e sfruttare le potenzialità specifiche di ogni mezzo in un’ottica multimediale
• favorire processi cognitivi di tipo associativo e flessibile (confronto tra differenti prospettive di rappresentazione della realtà)
• nelle scuole che non ne hanno ancora strutturato uno, creare un "angolo multimediale" dove sperimentare l'integrazione tra i diversi linguaggi della comunicazione
• inserire gli alunni meno motivati in classe in un nuovo contesto espressivo ottenendo maggiore interesse per l'ambiente scolastico
• dare la possibilità agli studenti di scoprire le loro attitudini con un ambiente che prevede molteplici ruoli e competenze
• sostituire l'apprendimento fine a se stesso dei linguaggi coinvolti con una attività che renda gli studenti artefici del proprio operato, li motivi alla partecipazione e alla collaborazione.
• eliminare la "sindrome del prodotto finito" che spesso induce gli insegnanti ad intervenire rigidamente sul processo creativo degli alunni per accelerare i tempi di lavoro e riportare i contenuti negli ambiti previsti.
• Favorire lo scambio comunicativo all’interno e all’esterno della classe, utilizzando la rete e il social software

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